Il tuo team rende tanto quanto tu riesci a condurlo verso il risultato voluto e verso l’obiettivo aziendale.

Riuscirai ad ottenere ciò che vuoi solo se sei grado di guidare i tuoi collaboratori in maniera corretta e “su misura”.

Leggendo e applicando questo articolo, imparerai a:

  1. classificare i tuoi collaboratori in base alla loro capacità professionale e risorse psicologiche
  2. rapportarti con loro in maniera ottimale per poter raggiungere i tuoi obiettivi
  3. evitare tutti gli errori che possono far naufragare il tuo team anche se il mare è completamente piatto e il vento è favorevole
  4. far crescere la tua squadra e centrare i traguardi aziendali grazie alla tua capacità di leadership

Secondo alcuni studi che si sono sviluppati a partire dagli anni 70 in poi (Blanchard Hersey , Blake Mouton) è possibile da parte di un leader, di una guida, di un capo o di un responsabile HR, approcciare i propri collaboratori modulando il proprio atteggiamento in relazione al livello di maturità professionale e maturità psicologica raggiunto dal lavoratore.

Sostanzialmente si possono modulare i comportamenti del capo in relazione al comportamento del lavoratore e viceversa.

Nel valutare un lavoratore dobbiamo prendere in considerazione due aspetti:

  1. La sua maturità professionale
  2. La sua maturità psicologica

Per maturità professionale si deve intendere la competenza al lavoro, la capacità di raggiungere determinati risultati e di svolgere un particolare compito.

Per maturità psicologica, invece,si intende l’approccio lavorativo del collaboratore in relazione al suo ruolo: la sua disponibilità, la sua volontà di assumersi delle responsabilità, l’impegno, l’iniziativa, l’affidabilità e senso di gruppo e appartenenza alla organizzazione (impresa) che il lavoratore mette nello svolgimento del proprio incarico.

Molto spesso facciamo considerazioni sull’autonomia e sulla capacità lavorativa dei nostri collaboratori.

Ma in pratica che cosa sono?

Nel contesto lavorativo, l’autonomia è la capacità di porsi obiettivi ambiziosi, motivanti e allo stesso tempo raggiungibili, in linea con lo scopo principale dell’azienda.

Mentre, la capacità lavorativa è la competenza nel mettere in atto le operazioni necessarie per svolgere un determinato compito.

Autonomia: capacità di porsi obiettivi ambiziosi, motivanti e allo stesso tempo raggiungibili, in linea con lo scopo principale dell’azienda

Capacità lavorativa: competenza nel mettere in atto le operazioni necessarie per svolgere un determinato compito.

Ti sei mai chiesto, quando assumi qualcuno, qual è il risultato che vuoi ottenere?

Secca a tutti perdere tempo per formare e tirar su un lavoratore e poi alla fine non ottenere ciò per cui si è investito tempo, denaro ed energie.

Per questo, l’obiettivo che ci dobbiamo porre quando assumiamo qualcuno è:

“fargli acquisire una buona capacità al lavoro e renderlo propenso ad assumersi, sempre più, la responsabilità per realizzare obiettivi autodeterminati.”

In questo modo riuscirà a svolgere la sua prestazione affrontando positivamente le varie difficoltà, e parteciperà al raggiungimento dell’obiettivo comune aziendale (purtroppo ci sono aziende che non sanno neppure qual è il loro vero obiettivo finale…).

Se anche a te è capitato di fallire nel formare i collaboratori, rispondi alle seguenti domande, ti aiuteranno a capire come evitare di ripetere lo stesso errore.

  • Hai un lavoratore che lavora per te da tanto tempo ma non esegue ciò che gli dici?
  • fa solo il suo compito, ma non va oltre?
  • è bravo, fa tutto bene , ci mette anche del suo, ma in fondo, non partecipa al raggiungimento del fine aziendale o addirittura quando può rema contro o crea problemi?

Se è vero che la colpa non è tutta nostra, come datori di lavoro dobbiamo, però, interrogarci su chi deve essere in grado di evitare tutto ciò.

Chi deve riuscire a capire come approcciare il dipendente in modo che frutti il massimo

dell’investimento ricevuto?

Risposta è noi, i datori di lavoro!

E’ il datore di lavoro che deve sapere come sviluppare le nuove leve e motivare la vecchia guardia.

Tu (o un tuo responsabile) devi essere in grado di individuare le capacità del singolo collaboratore.

In questo modo sarai in grado di guidarlo lungo il percorso di sviluppo più utile per te e per la tua impresa.

Se vuoi evitare di perdere tempo e sprecare energie preziose, devi concentrare la tua azione.

Ciò nel plasmare il tuo lavoratore, si traduce, nello sviluppo di tre caratteristiche fondamentali:

  1. competenza
  2. disponibilità
  3. autonomia

Il motivo n. 1 per cui devi assolutamente fare una valutazione dei tuoi collaboratori.

Prova a fare una veloce valutazione mentale dei tuoi collaboratori.

Rispondi più obiettivamente possibile alle seguenti domande.

  • Sono competenti?
  • Sono disponibili?
  • Sono autonomi?
  • In che percentuale?

Hai risposto?

Si?

Bene, allora fai una valutazione del risultato che hai ottenuto.

Ad esempio:

Un 20% di collaboratori sono competenti.

Sono tutti disponibili.

Realmente autonomi sono un 10%.

….Ok, ok, anche se dopo la tua analisi, i dati ti appaiono negativi, non trasalire… ma continua a leggere qui sotto se vuoi sapere come fare a rimettere in carreggiata il tuo team.

La maturità del collaboratore non è un dato stabile ma è variabile.

Varia, infatti, in base al compito, al contesto e al grado di motivazione.

Ad esempio possono esserci collaboratori validissimi ma che, per un periodo (magari per problemi familiari o personali), non sono concentratissimi e al top.

Pertanto anche la valutazione che devi fare non può essere statica e rigidamente basata su valori e parametri determinati.

Altrimenti rischi di fare l’errore dei noti casi calcistici che riportano storie di giocatori eccellenti e “fenomeni” che non rendono come dovrebbero ma, una volta ceduti a parametro zero alla nuova squadra, rifioriscono e rinascono piu’ forti di prima.

Ecco perché, quando analizzi i tuoi collaboratori devi usare non solo i dati oggettivi, ma anche la tua  sensibilità.

Infatti, ci sono delle sfumature che solo tu puoi cogliere (caratteriali, emotive, di disponibilità, di accettazione di determinati compiti, di puntualità di risposta e reazione ai tuoi input).

4 categorie di collaboratori vs 4 stili di guida

Per poter imparare cosa fare e affinare, pian piano, la tecnica di approccio che devi utilizzare con i tuoi collaboratori è necessario “sporcarsi le mani” con l’esercizio.

In breve e per quel che ci riguarda, prima di tutto dovrai suddividere i tuoi collaboratori in categorie.

Precisamente 4 categorie.

In relazione al loro grado di capacità professionale e alla loro maturità relazionale.

Una volta fatta questa suddivisione, dovrai verificare che stile di approccio e di guida devi tenere in relazione alla categoria occupata dai collaboratori.

E poi…devi metterlo in pratica!

Quindi avrai 4 categorie di valutazione dello stato dei lavoratori.

E per ognuna, uno stile di approccio e di comunicazione che devi tenere.

Ecco lo schema per la classificazione dei tuoi collaboratori.

Categoria raggiunta dal collaboratoreCapacità operativa professionaleMaturità relazionale – motivazionale

M1

Maturità bassa,

dipendente che ho assunto da poco, o poco adeguato al compito da fare

Poco competente non preparatopoco propenso alla responsabilità e non si identifica con gli obiettivi aziendali

M2

Dedizione ma risultati poco soddisfacenti

Non competentedisponibile e molta volontà di assumersi delle responsabilità, il tutto però contemperato a una non sua competenza al 100% nelle attività e sui task

M3

Insicuro, di solito sono retrocessi da una posizione di M4 in cui c’è grande autonomia, oppure sono demotivati oppure sono degli autonomi M4 ma che sono stati trattati da datore di lavoro come se fossero un m2.Certamente Ci potrebbe anche essere un blocco mentale

Competente, è bravoNon si assume totalmente responsabilità, solo specialistico, raramente si fa carico o si identifica con obiettivi aziendali o col Team

M4

Alta competenza e motivazione al risultato

Molto competente e preparatoCapace competente disponibile ad assumersi le responsabilità affidabile assiduo

Si identifica con i risultati e gli obiettivi aziendali motivato

Come già anticipato questa classificazione non è assoluta ma è relativa.

Devi essere capace di calarla e adattarla alle reali situazioni che possono esserci in azienda e alle loro relative sfumature.

Ora hai un quadro, un metro delle informazioni importati con cui puoi qualificare e classificare i tuoi collaboratori.

Come esercizio, divertiti a creare uno schema dei tuoi collaboratori attribuendogli un valore tra quelli visti prima e fai una classifica.

Hai fatto l’esercizio? Hai fatto la tua classifica?

Ora, sai come inquadrare il tuo collaboratore: M1, M2, M3, M4.

Però non sai come devi approcciarti per…….….…

………..…..…….. tirare fuori il meglio da lui senza rischiare di incrinare il rapporto, cadere in qui pro quo e incomprensioni o rompere l’equilibrio del team.

E’ chiaro che oggi fai già qualcosa, perché devi pur andare avanti.

Istintivamente poni in essere ciò che credi sia giusto, cercando di volta in volta di leggere la situazione e sperare che nessuno si sia svegliato storto.

Quando assumi un ragazzino- che sarà quindi sostanzialmente un M1- cerchi di affiancarlo il più possibile, cerchi di motivarlo.

Lo supporti, dicendogli che sta facendo un buon lavoro,  di tener duro e di andare avanti così…

Facciamo così, o no?

Lo facciamo già;……….. Si, ma senza un piano ben definito.

Magari riusciamo a fare un buon lavoro per i primi tempi, poi pian piano cadiamo nella routine e nel nostro stile di governance abituale.

Che cos’è lo stile di guida abituale?

E’ il tuo modo personale di dirigere, coordinare e organizzare il tuo team.

Lo stile che hai imparato con l’esperienza e che deriva al tuo carattere personale.

Il problema è che, senza rendertene conto, lo metti in pratica in tutti i contesti e con qualsiasi soggetto con cui sei in relazione.

Come uno stampino, lo replichi in maniera identica in ogni situazione.

Se dirigi minuziosamente, lo farai sia con il lavoratore inesperto sia con il lavoratore più autonomo, commettendo l’errore mortale di diventare il collo di bottiglia della tua stessa organizzazione.

Se sei più delegante, rischi di delegare troppo a persone ancora non del tutto pronte, generando errori evitabili, scaricando responsabilità e badilate di sensi di inadeguatezza sui tuoi collaboratori.

Come installare il tuo GPS  segreto nei collaboratori senza che se ne accorgano e anzi ne siano contenti.

Per schivare e non cadere in queste vere e proprie trappole comportamentali è necessario considerare alcuni aspetti del comportamento “del capo”.

E’ assolutamente necessario evitare un approccio sbagliato verso il collaboratore.

Infatti per poter portare i collaboratori verso il risultato voluto bisogna saper adattare il proprio sistema di guida alla situazione.

Per questo, il tuo GPS deve lavorare su due piani:

  • Sulla tua capacità alla guida operativa: fornire indicazioni, direttive, determinare gli obiettivi i task, formare,dettare le scadenze, addestrare affiancare…
  • Sulla tua capacità di curare le relazioni “sociali” e interpersonali : sostenere i collaboratori, dare supporto, ascoltare, scambiare opinioni, coinvolgere i lavoratori, interessarsi dei problemi personali, dare feedback costruttivi.

Quello che dobbiamo fare è mettere in relazione il tuo atteggiamento di comando e di guida con la qualificazione da M1 a M4 del collaboratore.

Quindi bisogna operare come segue.

Nel caso M1.

Siamo in presenza di un collaboratore non competente, non preparato ad assumersi delle responsabilità.

IL TUO STILE

lo stile deve essere di tipo direttivo:

bisogna fornire indicazioni precise su come svolgere il lavoro, sulle procedure da seguire alla lettera.

Bisogna dire fai questo e fai così.

Bisogna sottolineare cosa fare e come farlo.

Qui l’aspetto relazionale-motivazionale può essere anche basso ma mai carente.

Bisogna fare qualcosa anche a livello motivazionale.

Nel caso di M2.

Il collaboratore non è competente ma ha qualcosa in più del M1.

E’ disponibile ad assumersi responsabilità in quanto è abbastanza motivato.

In questo caso la persona ha voglia di migliorarsi e anche di andare avanti ma a volte cade in errori e in resistenze, sia professionali che motivazionali, che lo bloccano.

IL TUO STILE

In queste situazioni, devi adottare uno stile persuasivo:

bisogna avere e tenere alto il supporto e l’aiuto, sia per il lavoro in sé sia per cercare di sviluppare e alimentare la disponibilità ad elevarsi e ad assumersi delle responsabilità da parte del collaboratore.

Qui si dice il perché è bene fare certe cose.

Il perché si fa così.

Qui l’atteggiamento rimane direttivo ma si da maggiore supporto motivazionale al collaboratore.

Nel caso M3.

Parliamo di una persona competente ma insicura che fatica ad assumersi delle responsabilità. Ha ancora poco senso di squadra e di appartenenza. Scarsamente s’identifica nello scopo aziendale. E’ incerto nel prendere alcune decisioni e nel fare delle scelte.

IL TUO STILE

In questo caso si deve tenere uno stile partecipativo.

In questo stadio e con questi collaboratori devi essere diretto a motivarli, facendo complimenti per i risultati ottenuti, coinvolgendoli nel processo decisionale in relazione alle modalità di approccio ai compiti, rassicurandoli e comunque dando loro fiducia per fargli prendere delle decisioni e fare in modo che acquisiscano maggiore autonomia.

Qui il supporto motivazionale deve essere abbastanza accentuato se non molto alto

Nel caso M4.

Siamo di fronte a persone capaci, motivate, sicure e che si assumono le responsabilità. Sono competenti, disponibili.

Sono autonomi e addirittura fissano direttamente gli obiettivi all’interno delle linee guida generiche date dal datore di lavoro

IL TUO STILE

lo stile di guida deve essere delegante.

Si interviene solo per aiutare o supportare oppure dare una spinta finale.

Devi supervisionare e controllare il risultato finale del processo.

Non c’è supporto motivazionale, se non in minima parte.

Ci sono solo delle linee generali di riferimento da raggiungere

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Per capire che cosa stiamo dicendo, ti fornisco un esempio che parla più delle parole.

direttivo- relazionale

Sulle ascisse abbiamo il comportamento direttivo-guidaoperativa e lungo le ordinate poniamo il comportamento socio-relazionale.

Nell’esempio A : abbiamo un capo molto direttivo che da ordini, controlla le scadenze e chiede continuamente dei feedback e ha poche, anzi scarse, relazioni sociali.

Nell’esempio B avviene l’esatto contrario, abbiamo un capo con un grande atteggiamento sociale e relazionale ma con un comportamento scarsamente direttivo e molto delegante se non addirittura assente.

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Qual’é lo stile giusto da usare?

C’è uno stile giusto per dirigere i propri dipendenti?

Non ti voglio illudere, non c’è uno stile unico che può andare bene per tutte le occasioni.

Ognuno di noi ha un proprio stile di comando, di guida.

Ognuno di noi è portato per uno stile.

Ciò non significa che sia sbagliato.

Devi diventare capace di cambiare stile in relazione alla tipologia del collaboratore e del dipendente con cui devi relazionarti.

Per questo, devi suddividere i tuoi dipendenti e collaboratori in relazione al loro stato.

Fallo! Anche solo come esercizio mentale!

…….

Se non l’hai già fatto, ti consiglio di farlo subito.

Ciò ti renderà mentalmente pronto a relazionarti in maniera corretta con loro.

Ogni volta che darai loro i compiti da svolgere, in automatico ti chiederai:

gli sto dando questo compito; lui è pronto?

Come devo regolarmi? Devo essere direttivo? E’ già bravo ma si perde o si arena; quindi devo supportarlo un po’?

Questo è un passaggio mentale fondamentale per te e per chi dirige i tuoi dipendenti.

Riepilogando e ripetendo i concetti base come un mantra:

Considera sempre che questi stili di guida sono da adattare al soggetto che hai di fronte e al compito che gli stai affidando.

La tua sensibilità è fondamentale perché la valutazione del collaboratore non è fissa nel tempo.

Quando gli attribuisci un valore al tuo collaboratore da M1 a M4, devi ricordare che questa tua valutazione può cambiare in relazione al tempo, ai compiti e alle situazioni personali e professionali del lavoratore.

Ad esempio possiamo avere un dipendente che è un M2 nell’eseguire certe cose ma è un M3 o M4 quando ne fa altre

Oppure possiamo anche avere un M4 che viene trattato in maniera sbagliata e regredisce in M3 anche solo perché crede di essere stato degradato ingiustamente.

E’ proprio vero che il nero si abbina con tutto?

…Ovvero, come eludere la trappola dello stile unico che va bene su tutto.

……E se faccio un mix di stili?

Mi spiace ma il mix di stili non è funzionale.

Un esempio per capirci:

se fai mix di comportamento direttivo e comportamento delegante senza i passaggi intermedi, perdi tutte le sfumature che ci sono.

Così si creano due macro-categorie: chi è bravo e chi no (M1 e M4).

Chi è nella terra di mezzo (M2-M4), viene frustrato e…. si creano problemi.

Per non cadere in questo errore devi fare la seguente auto-valutazione del tuo stile di guida:

-Deleghi?

-Dai direttive stringenti e verifichi a fine lavoro?

-Motivi e supporti i tuoi collaboratori?

-Fai domande e coinvolgi i lavoratori nei processi di lavoro?

[se vuoi abbiamo uno schema che ti può aiutare per conoscere che stile hai richiedilo a luca.pasini@consulentidellavoro.it]

Prova a pensare che stile usi.

Vedrai che non usi uno stile univoco, ma che dalle risposte emergerà che attingi da tutti gli stili.

E che forse ti capita già di cambiare stile in base alla persona che hai davanti.

Magari lo fai inconsciamente.

Ora hai lo strumento per poterlo fare consciamente.

Se ti accorgi che non usi mai uno stile-modello di guida, indaga e cerca di capire come mai non lo applichi e cerca di inserirlo nel tuo bagaglio di competenze.

Per concludere, possiamo affermare che l’abilità, la bravura e la saggezza che può avere un capo, un datore di lavoro o un responsabile del personale è quella di riuscire ad adattare lo stile di approccio in relazione alla tipologia di soggetto che ha di fronte.

Ciò gli consente di evitare

  • di essere un accentratore, o uno scaricabarile o un paternalista o pseudosindacalista o un lassista.
  • di sbagliare l’approccio con il lavoratore e di generare incomprensioni e attriti di non facile soluzione

Ricorda:

uno stile di guida non va bene per tutti e per tutte le stagioni

E…avanti tutta!!

–> SE SEI INTERESSATO ABBIAMO ELABORATO UNO SCHEMA EXCELL CHE TI PUO’ ESSERE DI AIUTO IMMEDIATO E VELOCE, richiedilo via mail a luca.pasini@consulentidellavoro.it <--

Luca Pasini

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